L’endometriosi è una malattia dalla sintomatologia davvero multiforme, tuttavia tra i primi campanelli d’allarme c’è sicuramente il dolore pelvico. E’ tuttavia importante sottolineare che il dolore, frequentemente presente in caso di patologia endometriosica e di notevole ausilio clinico-diagnostico, rappresenta un sintomo troppo aspecifico per la diagnosi di certezza, dal momento che è abitualmente presente in numerosissime patologie ginecologiche e non.
L’esame obiettivo ginecologico e le indagini strumentali e di laboratorio sono complementari e possono far sospettare l’endometriosi; inoltre, sono necessarie per decidere come intervenire da un punto di vista terapeutico.
Diverse tecniche di diagnostica per immagini permettono di ipotizzare una lesione endometriosica ma nessuna di esse può ritenersi valida e sicura come l’esame istologico.
L’ecografia transvaginale mostra una sensibilità dell’84% nella diagnosi di endometriosi e una specificità del 90% nel differenziare le cisti ovariche endometriosiche dalle formazioni cistiche semplici. Inoltre è di ausilio nel follow-up di pazienti precedentemente sottoposte a chirurgia.
La diagnosi ecografica tuttavia presenta alta specificità in caso di endometrioma ovarico e bassa sensibilità in presenza di endometriosi non ovarica. La risoluzione degli ultrasuoni infatti non è in grado di visualizzare direttamente il tessuto endometriosico e l’ipotesi diagnostica viene condotta attraverso segni indiretti.
Il dosaggio nel sangue del CA125, marcatore non specifico per lo screening delle pazienti con dismenorrea, può essere utilizzato per avvalorare la diagnosi soprattutto nelle forme severe e nel follow-up post-chirurgico.
La diagnosi di endometriosi si può avere con certezza solo attraverso un esame chirurgico esplorativo in anestesia totale: la laparoscopia. In questo modo è possibile fare diagnosi, trattare l’endometriosi asportandone le lesioni, eseguire una biopsia mirata per la successiva analisi istologica e permettere la stadiazione della malattia secondo i criteri dell’American Fertility Society.
La malattia viene dunque suddivisa in stadi secondo un sistema a punteggio dato dalla localizzazione, dalla grandezza e dalla profondità delle lesioni:
La terapia dell’endometriosi si propone vari scopi: la risoluzione del dolore, l’enucleazione o distruzione delle lesioni ed il trattamento dell’infertilità, cercando il più possibile di prevenire o ritardare la progressione della malattia.
Terapie definitive per la cura dell’endometriosi a tutt’oggi non sono ancora state trovate. A seconda dei casi, dell’età della donna, del grado di dolore, del desiderio di maternità e della gravità delle lesioni si può procedere in diversi modi:
Il trattamento medico dell’endometriosi con una terapia farmacologica anche di lunga durata, si pone come obiettivo quello di mantenere la patologia in uno stato di latenza in funzione della vita riproduttiva della donna. Tuttavia, una volta sospesa la terapia, di regola si assiste alla ricomparsa della sintomatologia.
Nel I e II stadio della malattia gli effetti della terapia medica sul dolore presentano una buona efficacia. Nel III e IV stadio dell’endometriosi la terapia medica da sola non è indicata ma deve necessariamente accompagnarsi ad un atto chirurgico.
Le indicazioni ad un trattamento chirurgico comprendono condizioni quali l’infertilità, il dolore non rispondente a terapia medica e la presenza di endometriomi di diametro superiore a 5 cm.
L’intervento conservativo nella maggior parte dei casi è sufficiente a garantire una remissione della sintomatologia dolorosa; tuttavia, nel caso di malattia residua e di permanenza del sintomo dolore, si può rendere necessario il ricorso alla terapia medica post-chirurgica.
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