La donna, nel corso della vita, subisce continui sbalzi ormonali che non di rado impattano sulla salute psicologica. La quantità di ormoni prodotti, infatti, gioca un ruolo importante nell’umore, dall’adolescenza alla menopausa. Questo accade anche in prossimità del ciclo mestruale: in molte percepiscono un mix di sensazioni spiacevoli, che, quando piuttosto invalidanti, prendono il nome di sindrome premestruale. In casi più gravi, si parla di disforia premestruale o disturbo disforico premestruale.
Nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (5), il disturbo disforico premestruale è classificato tra i disturbi dell’umore. Viene ritenuto una forma severa di sindrome premestruale, caratterizzata da sintomi che minano le normali attività quotidiane e che hanno a che fare prevalentemente con l’umore.
I disagi che accompagnano la disforia premestruale di norma compaiono dalla settimana prima delle mestruazioni e tendono a regredire dopo alcune ore o giorni dalla comparsa del flusso. Almeno il 30% delle donne in età fertile soffre di sindrome premestruale e si stima che una percentuale tra il 2% e il 10% sia colpita addirittura da disforia premestruale. Per comprendere con esattezza di quale delle due patologie è affetta la donna che lamenta il problema vengono presi in considerazione i sintomi. Questi devono avere caratteristiche precise, comparire in un determinato momento ed essere associati tra loro.
La diagnosi della disforia premestruale si fa con un test ben definito, che si basa sul monitoraggio di più cicli successivi. Per classificare i sintomi come derivanti dal disturbo disforico, infatti, devono presentarsi per almeno due cicli.
Si parla di disforia premestruale se la donna manifesta almeno una di queste condizioni nella settimana che precede le mestruazioni:
La labilità emotiva e affettiva porta con sé sbalzi di umore, pianti improvvisi e senza causa apparente, senso di tristezza e maggior sensibilità al rifiuto e all’abbandono. Il ridotto controllo delle emozioni si mostra anche con scatti di rabbia immotivata, litigi e nervosismo, con una costante ansia e sensazione di essere in pericolo o di dover stare in allerta per qualcosa.
A questi spiacevoli sintomi, poi, per la diagnosi se ne devono aggiungere altri, che, sommati a quelli principali, devono essere almeno 5. Inoltre, devono essere tali da compromettere per cicli successivi il normale svolgimento delle attività sociali, lavorative e delle relazioni interpersonali.
Sono i seguenti:
La diagnosi di disforia premestruale si può fare solo escludendo le altre possibili cause dei disturbi. Infatti, i sintomi descritti possono essere segno di altre patologie, affini ma non sovrapponibili, come la depressione maggiore o il disturbo di personalità borderline.
Una volta chiaro il problema, è possibile tentare alcuni rimedi per la disforia premestruale, che possono essere semplici accorgimenti o attività in cui impegnarsi, fino a trattamenti a base di farmaci.
Ogni donna può trarre beneficio da rimedi diversi, soprattutto in base al tipo di sintomo prevalente e più impattante. La prima raccomandazione è quella di non attuare comportamenti che possano peggiorare la situazione: per cui è bene riposare adeguatamente (specialmente la settimana prima delle mestruazioni) e non assumere alimenti eccitanti come caffè, bevande zuccherate e tè, a maggior ragione prima di andare a dormire. Evitare, per quanto possibile, situazioni stressanti, e affiancare attività fisica e di rilassamento come la meditazione o lo yoga. L’alimentazione giusta, poi, è fondamentale, in particolare per i sintomi fisici, ma non solo: dare spazio a frutta, verdure e carboidrati, togliendo alimenti grassi o fritti.
Si sono visti buoni risultati dalla psicoterapia cognitivo-comportamentale, capace di agire sulla consapevolezza della propria condizione e sui sintomi relativi alla sfera emotiva. Quando gli accorgimenti più semplici non bastano, i rimedi possono essere di tipo farmacologico: prima su tutte una terapia ormonale, quali i contraccettivi, che annullando la fase ovulatoria e riducono il presentarsi del disturbo. Per il dolore può bastare anche un antinfiammatorio non steroideo (FANS). Infine, per l’umore gli studi hanno validato l’uso di inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, psicofarmaci capaci di migliorare lo stato di ansia, tristezza e irritabilità.
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