Missione benessere

Dalla body positivity alla body neutrality

Modelle magrissime sulle copertine patinate delle riviste, influencer sui social con corpi da urlo, pubblicità che raccontano una bellezza fatta di pelle tonica, liscia, uniforme. Non siete stanche di tutto questo? Sì? Ecco, non siete le sole. Negli ultimi anni il concetto di “standard di bellezza” ha avuto del filo da torcere e, aggiungiamo noi: per fortuna!

È dai primi anni 2000 che qualcosa è nell’aria, è stato il momento in cui hanno cominciato a farsi spazio le prime modelle e attrici un po’ più curvy sulle copertine di magazine famosi. La strada è ancora lunga, ma se fino a dieci anni fa parole come body positivity erano prive di senso, oggi hanno guadagnato ampiamente il loro spazio e non è forse un caso che su un social come Instagram l’hashtag #bodypositivity sia stato utilizzato oltre 7 milioni di volte.

Il movimento body positive – e quindi la body positivity – è nato intorno al 2010 per opera di un gruppo di donne nere, le cui taglie venivano annoverate tra quelle over-sized. Queste attiviste hanno dato il via a una condivisione online di foto di corpi “fuori misura” corredandole proprio con l’hashtag #bodypositivity. Da lì l’interesse è andato crescendo sempre di più e altri tipi di corpi non in linea con i canoni di bellezza correnti hanno iniziato a mostrarsi.

Con la body positivity, infatti, non si vogliono semplicemente esaltare le rotondità o omaggiare le donne più in carne, ma si vuole piuttosto creare consapevolezza, accendere un riflettore su tutti i corpi, in particolare quelli che a lungo non sono stati rappresentati dal mondo della comunicazione in generale – TV, riviste, pubblicità, social network. Tra questi ecco dunque che si possono annoverare corpi segnati da cicatrici appariscenti (magari causate da traumi e incidenti), volti sfigurati da un’ustione o da una malattia, persone disabili, ma anche più semplicemente corpi con una pelle colpita da acne  evidente o ricoperta di smagliature o dalla tanto temuta cellulite. E la body positivity non è solo questione per donne, ma anzi riguarda tutti i generi.

La body positivity nasce anche per contrastare il body shaming, che è ben altra cosa. Si parla di body shaming quando un corpo viene deriso per alcune sue caratteristiche, spesso anche pubblicamente, per esempio attraverso dei commenti alle fotografie postate sui social network. Queste persone che si prendono la briga di giudicare e descrivere un corpo non loro vengono ormai chiamate comunemente “haters”, coloro che odiano. Purtroppo si tratta di un fenomeno fin troppo radicato (spesso tra le stesse donne!) e che va avanti da lunghissimo tempo, ben prima dell’avvento delle piattaforme che rendono più facile commentare e dire la propria. Purtroppo il body shaming ha fatto e fa molte vittime: le persone che vengono colpite da critiche, infatti, spesso si chiudono in se stesse, si credono sbagliate o addirittura compiono azioni per migliorare il proprio aspetto che le porta a danneggiarsi, come nel caso di diete drastiche o di un’attività sportiva troppo intensa.

C’è da dire che, sebbene il body shaming colpisca un po’ ogni genere, le donne sono le più soggette, perché ci si aspetta da loro degli standard che non corrispondono alla realtà. Si nota anche un triste atteggiamento: quando si vuole offendere una donna raramente lo si fa colpendola su altre sue caratteristiche (il carattere, la preparazione, il modo di fare), ma si offende per il suo corpo, spesso accompagnando l’ingiuria da riferimenti alla sua sessualità.

Più recentemente, accanto al concetto di body positivity si è aggiunto quello della body neutrality, pensiero per cui il corpo non deve pregiudicare come ci si sente, né subire alcun giudizio di tipo estetico, in quanto semplicemente funzionale alla vita. Il corpo cioè non deve essere una discriminante, ma solo un mezzo per raggiungere i propri obiettivi, che vanno al di là di come si appare nello specchio. La body neutrality è dunque un’evoluzione ulteriore rispetto al movimento della body positivity, perché non ci dice di accettarci con i difetti, ma più semplicemente che quei difetti non pregiudicano la nostra autodeterminazione e il nostro valore, perché in fondo la cosa veramente importante è stare bene con se stesse.

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